La notte dell’11 maggio 1570 morì a Ceneda nel castello di San Martino, residenza del vescovo, Vincenzo Bertoldo, processato dall’Inquisizione perché sospettato di aver tenuto e letto libri proibiti. Non fu interrogato sulle sue idee teologiche, ma si possono supporre partendo da quanto appare nei processi fatti dall’Inquisizione di Venezia nel 1555 contro alcuni di Oderzo, che aderivano alle dottrine della Riforma e con cui egli era in stretto contatto. Erano idee di Lutero e Calvino, ma anche di Juan de Valdés, un mistico alumbrado spagnolo molto influente nel movimento di riforma religiosa in Italia.
Nella diocesi di Ceneda le concezioni della Riforma erano diffuse in parecchi altri luoghi: Conegliano, Portobuffolè, Serravalle, Cessalto. Non c’erano soltanto aderenti alla Riforma magisteriale, ma anche anabattisti, parecchi dei quali erano emigrati in Moravia nelle comunità degli hutteriti.
I giudici che condussero il processo contro Vincenzo Bertoldo e il suo servo Cipriano furono il vescovo Michele della Torre, sostituito talvolta dal vicario generale e l’inquisitore di Ceneda fra Daniele Sbarrato. Soltanto dal 1561 era presente in diocesi un inquisitore.
Il procedimento cominciò con una denuncia presentata l’8 agosto 1569. Vennero fatti interrogare diversi testimoni da varie autorità ecclesiastiche o statali di Bassano, Serravalle, Oderzo e Venezia. Gli inquisitori non risiedevano allora in modo fisso nella sede e fra Daniele si recò a Oderzo nella casa di Bertoldo, dove lo interrogò, trovò in cucina un forziere con molti libri proibiti e li fece bruciare, senza tuttavia redigere l’inventario. La scelta dell’inquisitore di andare a casa dell’imputato e la ventura di reperire libri proibiti in questo modo irrituale non erano normali.
Poco dopo Vincenzo, per mostrarsi pentito, l’11 aprile 1570 presentò 18 libri all’inquisitore, che dimorava a Conegliano. Sono opere in italiano che illustrano molto bene la notevole circolazione di libri eterodossi a Oderzo, fatto che non compare invece nei processi precedenti.
Vincenzo e Cipriano furono citati a Ceneda e interrogati dal Sant’Ufficio il 17 aprile. Comprensibilmente reticenti, furono arrestati e nuovamente interrogati l’8 maggio. A questo punto Bertoldo cominciò a parlare dei libri, rivelando che erano di pre Francesco Bertoldo, fratello defunto da qualche anno. I giudici della fede non ebbero tuttavia modo di approfondire la confessione, perché la notte del 10 maggio Vincenzo ebbe all’improvviso una grave emorragia cerebrale e la mattina dopo spirò, nonostante le solerti cure del medico del vescovo e del chirurgo. Il processo fu quindi interrotto e il servo Cipriano venne liberato.
Ci sono alcuni altri interessanti processi dell’Inquisizione nella dicesi di Ceneda negli anni seguenti, la gran parte contro aderenti alla Riforma, tra cui due imputati che non sono inclusi nell’attuale inventario. Seguono poi alcuni processi per magia e stregoneria, considerevoli perché registrano tante pratiche magiche o malefiche per ottenere amore, salute e soldi. Gli eterni desideri dell’umanità.
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