L’Archivio Storico Cenedese è una rivista culturale che ha come riferimento geografico l’area orientale dell’attuale regione del Veneto compresa tra i fiumi Piave e Livenza.
Questo territorio sin dall’evo antico si connota come un’area precisa, geograficamente e politicamente delimitata. Se in epoca antica il centro di riferimento sarà il municipium di Oderzo, qualche secolo dopo, a partire dai Longobardi, il capoluogo politico-amministrativo sarà l’antica città fortificata di Cèneda (oggi parte di Vittorio Veneto), sede vescovile già dal VI secolo e, con l’arrivo di questi ultimi, capitale del Ducato eponimo.

Proprio dall’istituzione del Ducato, i cui confini ricalcavano grossomodo quelli dell’attuale Diocesi di Vittorio Veneto (olim Cèneda), si avrà una connotazione politica forte del territorio che da quel tempo sarà definito come “Cenedese”, da intendersi dunque come tutto il territorio che faceva riferimento, per le questioni politiche, e in questo caso anche religiose, al centro urbano di Cèneda.

Questa indicazione toponomastica, il cui uso è databile con sicurezza dalla prima metà del IX secolo, ricorrerà continuamente nelle fonti successive e sarà largamente usata sin alla caduta della Repubblica di Venezia della quale il Cenedese, che ne fu il primo possedimento in Terraferma, era parte. Anzi, sotto la Dominante il Cenedese godeva di particolari prerogative, derivanti dalla sua lunga storia politica autonoma, sia di tipo fiscale che amministrativo rispetto alle aree contermini che invece erano strettamente legate alla città di Treviso.

Note storiche sull’origine del Cenedese 

Il Cenedese, corridoio territoriale che si estende dalle Prealpi al litorale adriatico, fu un’area che suscitò sempre l’interesse per la sua posizione strategica.
In epoca antica il centro principale è individuabile nel municipium romano ma di fondazione venetica di Opitergium, l’attuale Oderzo, la quale presenta, nella sua resa latina, la radice venetica –terg, cioè “mercato”; emerge quindi la sua funzione di snodo commerciale nella pianura del Cenedese sin da quest’epoca; alcune vie, tutt’ora percorse, pare risalgano all’epoca preromana.

La diffusione del Cristianesimo a tutto l’Impero Romano portò alla concomitante formazione delle prime circoscrizioni ecclesiastiche; per il Cenedese la sede vescovile fu fissata ad Oderzo e attestata come tale, con sicurezza, con il vescovo Marciano nell’anno 579. La distruzione di quest’ultima, avvenuta forse già nel 639 con l’arrivo dell’esercito longobardo di Rotari, e nuovamente ancora nel 668/669 da parte di Grimoaldo, portò allo smembramento dell’antico ager opitergino tra i ducati del Friuli, Treviso e Cèneda.

La tradizione storiografica fa risalire la fondazione della Diocesi di Cèneda con il placito del 6 giugno 743 nel quale venne insediato, per intervento del re Liutprando, il vescovo Valentiniano; in realtà è nota e documentata, grazie a recenti studi, l’esistenza di un Vescovo di Cèneda già nel 680 con Ursino ed anche prima, nel 579, con Vindemio, un tempo ritenuti entrambi titolari dell’inesistente diocesi dell’isola istriana di Cissa, presso Rovigno. Ci fu quindi, suppongono gli storici, un periodo in cui nel territorio insistettero due cattedre vescovili: Cèneda, avamposto ecclesiastico e politico dei nuovi conquistatori Longobardi, e Oderzo continuatrice ed ultimo baluardo, amministrativo e religioso, bizantino-romano dell’area. Con l’occupazione longobarda dell’antica Opitergium e la sua definitiva conquista, il titolo di quella diocesi venne avocato al Vescovo di Cèneda; ancora oggi l’antica chiesa di San Giovanni Battista di Oderzo (sorta su un antico tempio romano) è concattedrale con quella di Santa Maria e San Tiziano di Cèneda.

Il placito liutprandino del 743, ritenuto spurio da alcuni e sostanzialmente autentico da altri, ricorda il nome anche di tre duchi di Cèneda e il fatto che la sede politico-amministrativo fosse il «Cenetense castro», ossia la città fortificata di Cèneda vera e propria “capitale” del ducato eponimo. Dopo questa data è documentato il duca Orso, ricordato anche nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono, dove è detto figlio di Munichis, che fu il committente di una prezioso evangelario, oggi conservato presso il Museo Archeologico di Cividale del Friuli, noto come “Pace del duca Orso”. Il placito è altresì importante perchè è forse uno dei più antichi documenti in cui il territorio, a seguito degli importanti rivolgimenti politici, comincia ad essere definito come “Cenedese” e quindi ad essere non solo individuato politicamente ma anche sentito e riconosciuto come ente territoriale proprio.

La creazione del Ducato di Cèneda, nato forse per distacco da quello vicino del Friuli, fu forse, secondo recenti interpretazioni, lo strumento politico-amministrativo con cui i Longobardi tentarono di affermare i loro valori nazionali in un’area, soprattutto nella sua parte meridionale, fortemente romanizzata. Per inciso si ricorda che il toponimo Cèneda deriva, in ultima analisi, dal celtico e ha il significato di “Città originaria, città degli indigeni”. Notevoli quantità di materiale celtico e venetico sono emersi dal santuario del Monte Altare, nel medioevo punto di confine tra le comunità di Cèneda e Serravalle.

Con l’arrivo dei Carolingi il Ducato longobardo di Cèneda perse la sua autonomia e fu reso, forse, parte integrante della Marca del Friuli nata, quest’ultima, dopo la sconfitta definitiva dei Longobardi guidati dal duca Rotcauso. L’ipotesi è sostenuta dal fatto che non si ricorda nessun nome di conte carolingio. Un comitatus Cenetensis, cioè del territorio Cenedese, è noto da un diploma di Berengario I dato in favore del Vescovo di Belluno nel 898; a questa prima segnalazione ne seguono altre nel primo trentennio del X secolo.

Dell’attività e del ruolo giocato dai conti di Cèneda si conosce molto poco; si può ipotizzare, visto il silenzio pressoché totale delle fonti del X secolo e dell’inizio del XI circa, che i vari comites Cenetenses fossero al margine, per il loro forse scarso peso, della scena politica del tempo. Tra questi si distinse, a cavallo tra XI e XII secolo, il conte Ermanno con il quale i primi Da Camino, grazie al matrimonio con Sofia di Colfosco di lui nipote, si erano imparentati. Il titolo di Conte di Cèneda, nonostante la rarefazione documentaria dei secoli XII e XIII, lo si ritroverà utilizzato dai Caminesi ancora nel XIV secolo.

Altri protagonisti delle vicende politiche e territoriali dell’area, già all’epoca universalmente nota come Cenetensis, durante i secoli X-XIV, furono gli stessi Vescovi di Cèneda. A seguito di due investiture imperiali concesse ai Vescovi di Cèneda del 908 e del 962, date rispettivamente da Berengario e da Ottone, si formò il primo nucleo significativo dei possedimenti territoriali di giurisdizione vescovile. Su questi, che comprendevano, nel primo documento il porto di Settimo presso Portobuffolè, e, nel secondo, un territorio esteso tra gli attuali comuni di Vittorio Veneto e Colle Umberto, l’Imperatore concesse al Vescovo pro tempore tutti i diritti fiscali e demaniali.

Storicamente, essendo questi due documenti ritenuti validi dalla totalità degli studiosi, con queste due investiture si è soliti individuare la nascita del potere temporale dei Vescovi di Cèneda. A questi sarà avocato anche il titolo di Conte di Cèneda, titolo che in realtà si ritrova relativamente tardi; fu utilizzato per la prima volta, con sicurezza, dal noto vescovo Francesco Ramponi, bolognese. Del titolo comitale, senza alcun ulteriore predicato, si fregiarono comunque i Vescovi di Cèneda anche prima del Ramponi. Questo si spiega con il fatto che il titolo era collegato ai possedimenti concessi dall’Impero nelle investiture di cui sopra dove dunque il Vescovo di Cèneda aveva, oltre alla guida spirituale, anche l’esercizio del mero e misto impero, era cioè il vero e proprio dominus loci.

Nei secoli XIV e XV il potere temporale dei Vescovi di Cèneda si assesterà, anche a seguito della permuta del territorio di Portobuffolè con il distretto di Tarzo avvenuta nel 1307, nei territori della Contea di Cèneda, e in quelli pedemontani della villa di Revine e la Vicecontea di Tarzo. Il potere temporale dei Vescovi di Cèneda permarrà sino al 1768. Ultimo Vescovo Conte fu il veneziano Lorenzo da Ponte. La questione della sovranità temporale del Vescovo sarà al centro di una famosa disputa tra questi e la Repubblica di Venezia, per tramite dei Consultori in Jure; della questione se ne occupò soprattutto frà Paolo Sarpi.

La Serenissima nel 1337 fu investita dal Vescovo Ramponi (il quale fece letteralmente documenti falsi per raggiungere questo scopo, come dimostra il minuzioso e dettagliato saggio del Biscaro) dei beni del Comitato Superiore di Cèneda (beni degli estinti Caminesi di Sopra). Il Cenedese Superiore costituì così il primo nucleo dei possedimenti di Terraferma della Repubblica.

Emerge dunque, durante il corso dei secoli, un’individuazione territoriale e toponomastica chiara dell’area compresa tra Piave e Livenza, ossia del Cenedese, il quale sempre sarà ricordato come entità territoriale a sè stante, sia da Treviso che dagli altri distretti contermini anche durante tutta la dominazione veneziana. Nelle delibere del Senato, ma non solo, è frequente infatti la lezione «Trivisane et Cenetensis», ulteriore dimostrazione della chiara individuazione territoriale che le Magistrature Venete riconoscevano a quest’area.

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  • Ceneda e il suo territorio nei secoli, Atti del Convegno del Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche, Vittorio Veneto 22 maggio 2004, Godega di Sant’Urbano 2004.
  • Giorgio Arnosti, Appunti sul ducato longobardo di Ceneda, in Castelli tra Piave e Livenza, Atti del 3° convegno, Vittorio Veneto 7 maggio 1994, Vittorio Veneto 1995, pp. 17-42.
  • Gerolamo Biscaro, I falsi documenti del vescovo di Ceneda Francesco Ramponi, in «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano», Roma 1925, pp. 93-78.
  • Vincenzo Botteon, Un documento prezioso riguardo alle origini del vescovado di Ceneda e la serie dei vescovi cenedesi corretta e documentata, Conegliano 1907.
  • Dario Canzian, Vescovi, signori, castelli, Firenze 2000.
  • Roberto Cessi, Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, 2 voll., Padova, 1940-42.
  • Giovanni Tomasi, La diocesi di Ceneda, 2 voll., Vittorio Veneto 1998.
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